Il nostro modo di fare scuola

20 novembre 2006

Un'Authority per i videogame

Il clamore suscitato dall'articolo sul sadismo di «Rule of Rose», gioco in cui una ragazzina subisce violenze fisiche e psicologiche, ha spinto il ministro della Giustizia Mastella a proporre un organo che vigili sui contenuti dei videogiochi.

Serve un'authority che impedisca ai videogiochi violenti di arrivare nei negozi e un indispensabile intervento penale per vietare quelli già commercializzati». Con queste parole pronunciate alla Camera, il ministro della Giustizia Clemente Mastella ha annunciato la linea che il governo intende percorrere dopo le polemiche suscitate dall'articolo di copertina di Panorama della scorsa settimana su Rule of Rose, videogioco giapponese vietato ai minori di 16 anni che dovrebbe arrivare in Italia il 24 novembre, in cui una bambina viene sepolta viva dopo aver subito violenze psicologiche e fisiche di ogni genere.

«Occorre agire, e presto, prima che i danni si aggravino» ha detto Mastella, sottolineando come il sistema giuridico consenta al magistrato di sequestrare i videogiochi solo nel caso in cui si possa configurare un'ipotesi di reato, come l'istigazione a delinquere. Tuttavia, «fino a oggi il legislatore non ha mai inteso sanzionare la specifica condotta di chi produce, detiene, divulga materiali in cui i minori sono oggetto di violenza da parte di soggetti adulti o minori».Un primo intervento, ha proposto Mastella, potrebbe essere quello di vietare i videogiochi «almeno nei casi in cui la violenza sfoci nelle sevizie e in crudeltà efferate, non soltanto fisiche ma anche psicologiche».

Oltre alla descrizione delle efferatezze contenute nel videogioco, l'articolo di «Panorama» dimostrava come fosse facile per i ragazzi entrare in possesso di giochi vietati ai minorenni, acquistandoli nei negozi o scaricandoli dalla rete. Per questo, probabilmente, nel suo intervento il ministro ha puntato anche alla prevenzione. «Si può pensare alla creazione di un'authority che stabilisca gli standard accettabili sia sotto il profilo dei contenuti sia sotto quello della disciplina delle modalità con cui viene attuata la vendita ai minori negli esercizi commerciali».Il clamore che la vicenda Rule of Rose ha suscitato a tutti i livelli, sia su giornali e televisioni sia in Parlamento, ha lasciato l'amaro in bocca all'industria del settore, preoccupata probabilmente per un possibile effetto boomerang nelle vendite del prossimo Natale.

«Sono rammaricato a seguito delle polemiche degli ultimi giorni di cui è oggetto l'industria videoludica» ha detto a Panorama Andrea Persegati, presidente dell'Aesvi, Associazione editori software videoludico italiana. L'associazione di categoria raduna gran parte delle etichette di videogiochi. «Le critiche rivolte a un singolo prodotto non possono diventare il pretesto per screditare un intero comparto economico».Per Persegati oltre il 95 per cento dei videogiochi offerti al consumatore italiano sono adatti a un pubblico di minorenni. «Solo la quota restante dei prodotti è classificata e segnalata per un pubblico adulto».

La 505 Games, azienda che dovrebbe distribuire in Europa e in Italia il titolo Rule of Rose, dichiara: «Abbiamo agito attenendoci strettamente al codice di autoregolamentazione dell'Isfe, Interactive software federation of Europe. E abbiamo agito nel pieno rispetto delle direttive del Pegi (Pan european game information), primo sistema europeo di autoregolamentazione adottato dall'industria dei videogiochi nel suo complesso».

Per chi ha meno familiarità con le sigle, il Pegi classifica i videogiochi in base all'età dei consumatori e fornisce indicazioni circa l'idoneità dei contenuti dei software videoludici. Queste informazioni sono riportate sul retro di tutti i giochi in commercio. «Rule of Rose è risultato idoneo alla diffusione sul mercato europeo e, secondo i criteri di classificazione stabiliti dal Pegi, ha ricevuto un rating 16+», ossia adatto a un pubblico dai 16 anni in su.

Non tutti ritengono che un'authority a cui affidare il controllo preventivo sui videogiochi possa essere la soluzione, ma è unanime la convinzione che qualcosa bisogna fare per contrastare la diffusione di giochi elettronici che istigano i giovani, palesemente o in maniera più subdola, alla violenza.Alleanza nazionale ha annunciato battaglia contro i videogiochi che contengono violenza e criminalità. Per Maria Ida Germontani, coordinatrice delle politiche femminili di An, «è necessario riaffermare i valori positivi tradizionali sui quali si fonda lo sviluppo equilibrato della persona e della società. La violenza e la criminalità» ha aggiunto Germontani «si combattono anche e soprattutto impedendo che ai giovani vengano forniti, sotto forma di videogame, modelli fortemente negativi».

Argomento che, per una volta, ha trovato d'accordo destra e sinistra. Il presidente della Camera Fausto Bertinotti, dopo aver incontrato Anna Serafini, presidente della commissione bicamerale per l'Infanzia, ha detto che «bisognerà chiedere un incontro sull'argomento con una delegazione del Parlamento europeo», che ha già ipotizzato iniziative come quella dell'autorità proposta da Mastella.Per Anna Serafini ci vuole fermezza nei confronti di intollerabili episodi di bullismo e di videogiochi violenti. Ma per fermezza cosa si intende?

«Significa scegliere di contrastare il fenomeno anche sul terreno della cultura dei rapporti umani e dei valori, mobilitando tutte le organizzazioni che operano per i diritti dell'infanzia, coinvolgendo gli stessi produttori dei videogiochi». Per il ministro alle Politiche giovanili, Giovanna Melandri, «un importante contributo nella lotta alla diffusione di videogame violenti può arrivare dalle famiglie e dalla scuola».Opinione condivisa da Luca Volonté, capogruppo dell'Udc alla Camera, che sostiene il ruolo importante dei genitori. «Acquistare a caro prezzo pura educazione a delinquere non conviene né a loro né ai bimbi. Mi lascia perplesso» ha aggiunto l'esponente centrista «l'ipotesi dell'authority. Meglio sarebbe un'azione legislativa da parte del Parlamento».